L’approccio lineare, nell’economia globale, ha ancora il primato su quello circolare. È quanto rivelato dal Circularity Gap Report, documento stilato dal gruppo di studio olandese Circle Economy e presentato durante il World Economic Forum 2018 di Davos (Svizzera). Dall’indagine risulta che soltanto un decimo dell’economia mondiale possa essere definita compiutamente circolare, cioè in grado di riciclare e poi rigenerare le risorse impiegate nei processi di produzione per nuovi utilizzi. In particolare, lo studio ha rivelato come l’estrazione di materie prime per beni come cibo, energia e minerali ha visto un incremento di dodici volte dall’inizio del ventesimo secolo. Si stima che la quantità di risorse estratte raddoppierà ancora nei prossimi trentacinque anni. Un dato sembra essere rappresentativo: solo 8,5 gigatonnellate (Gt) di risorse, su 92,8 Gt totali immesse nell’economia globale nel 2015, sono state riutilizzate mediante i processi di compostaggio, riciclaggio o trattamento. Il documento però non si limita ad enunciare il problema, ma mette nero su bianco alcune contromisure utili per una limitazione degli impatti sull’ecosistema. Al primo posto, la realizzazione di un fronte comune mondiale (governi, imprese, organizzazioni e università) che monitori lo stato dell’economia e le sue evoluzioni, identificando un piano di azione ispirato ai principi della sostenibilità. Decisivo sarebbe anche il focus sulle realtà locali, che dovrebbero eseguire le strategie complessive per favorire il risparmio di materiale e la conservazione del valore delle risorse. Tesi, queste, che nella sostanza trovano concorde il presidente del CONOU Paolo Tomasi, che in una recente intervista ha sostenuto come, quando si parla di economia circolare, non si stia trattando di “uno slogan ma di un percorso lungo e complesso fatto di innovazione nelle metodologie di produzione, nei materiali, e nei comportamenti. Ma è soprattutto una vera rivoluzione culturale: dobbiamo immaginare metodi operativi non solo in grado di minimizzare il rifiuto prodotto a fine vita, ma anche di renderlo potenzialmente riutilizzabile”.